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La storia di Jacopo e Mario picchiati dai genitori perché gay e trans: “Oggi sognamo di nuovo”

Il Refuge Co-Housing Lgbt+ è una struttura al centro di Roma, ospita fino a tre persone in regime di semiautonomia, che provengono da situazioni di violenza e discriminazioni. Oggi ci abitano Jacopo e Mario, due giovani vittime di omotransfobia da parte delle rispettive famiglie: “Siamo tornati a sognare”.
A cura di Alessia Rabbai
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A sinistra Jacopo, a destra Mario
A sinistra Jacopo, a destra Mario

Jacopo e Mario condividono un'esperienza di vita molto simile. Entrambi vittime di omotransfobia da parte delle rispettive famiglie, oggi vivono in un posto sicuro, che li fa sentire accolti e dà loro la possibilità di continuare gli studi. Ciò è grazie a ‘Refuge Co-Housing Lgbt+', struttura di Co-Housing gestita da Gay Center (contattabile allo 800.713.713) destinata a giovani Lgbt+ vittime di violenza e discriminazione e a migranti.

Le storie di Jacopo e Mario vittime di omotransfobia

"La mia famiglia non ha accettato il fatto che fossi gay. Discriminazioni, violenze fisiche e verbali da parte di mia madre e del suo compagno – racconta Jacopo, vent'anni – Avevo diciassette anni quando ho partecipato ad un Pride, allora a casa non sapevano nulla del mio orientamento sessuale. Convinto che avessi inserito le restrizioni necessarie, ho postato una foto sui social, ma una mia famigliare l'ha vista. Mi sono sentito perso, non voluto: è stato come se il mondo intero mi avesse voltato le spalle. Per me Refuge Lgbt+ è stata una seconda possibilità di vita, ho avuto una nuova casa e tanto affetto, mi sono diplomato e ho cominciato l'università, con un lavoro part-time. Ho trovato persone che mi hanno accettato per quello che sono e permesso di crescere senza subire violenze e senza la paura di essere giudicato".

Una storia simile l'ha vissuta Mario, un ragazzo transgender di ventiquattro anni, vittima di violenza verbale e fisica da parte della sua famiglia, molto religiosa e rigida. "Grazie alla casa famiglia che mi ha ospitato posso pensare al mio futuro, il mio sogno è di lavorare nel settore della grafica e sto studiando affinché si realizzi. Stare qui mi fa sentire rassicurato e al tempo stesso rappresenta una sfida, per cercare di riprendere in mano la mia vita per diventare autonomo, nonostante le difficoltà".

Il Refuge Co-Housing Lgbt+: come funziona e chi può accedervi

Il Refuge Co-Housing Lgbt+ ha aperto questa estate, la struttura è un bene confiscato alla mafia ed ospita fino a tre persone in regime di semiautonomia, che provengono da situazioni di violenza e discriminazioni. "Questa struttura è specificamente dedicata a coloro che hanno superato la fase più traumatica e sono pronti ad intraprendere un percorso verso l'autonomia – spiega dichiara Marina Marini, responsabile del Network Refuge Lgbt+ – Offre loro l'opportunità di proseguire studi specialistici o post-diploma, con l'obiettivo di garantire migliori opportunità lavorative e superare le discriminazioni che le persone Lgbt+ affrontano nel mondo del lavoro".

Il progetto ha il sostegno dei fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai: "Siamo profondamente convinti che la vera dignità di ogni persona si realizzi solo con l’eliminazione di ogni forma di discriminazione e pregiudizio – commenta Anna Conti, vice presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai – Sostenere il progetto Refuge Co-Housing Lgbt+ rappresenta per noi un impegno concreto nel garantire spazi sicuri e tutele concrete, per ritrovare speranza e costruire un futuro libero dalla paura, esprimendo al massimo il proprio potenziale".

"Come Municipio I di Roma – dichiarano la presidente Municipio I Lorenza Bonaccorsi e l'assessora Pari Opportunità Claudia Santoloce – abbiamo deciso di dedicare questa casa sequestrata alla mafia per supportare le a comunità Lgbt+. Un servizio si aggiunge anche allo sportello, in questo modo il nostro Municipio mostra concretamente di essere in prima linea per i diritti Lgbt+".

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